mercoledì 13 gennaio 2010

ulivi e Bader Meinhof

ieri in campagna negli ulivi..
oggi in ufficio..

ebbè è stato questo stacco a sottolineare differenze.
raggiungere la campagna, l'aria fredda ed il mattino,mulattiera in salita, il frrusciare del vento ed il sordo rumore del vallone in lontananza sono qualcosa di magico e di altrove, e mi hanno dato la sensazione di essere ai margini, il senso che con un salto si potesse andare via e staccarsi. un'idea concreta di leggerezza e della bellezza dei margini.

stamattina per l'ufficio. Macchina. Buio. Vigile. Coda al Liceo. Ufficio. Lampadina e Computer. fruscio del Computer acceso e della lampadina. Squilli di telefono, trazioni di un fax.

ieri sera poi mi sono visto il film sulla storia della Banda Bader Meinhof, e mi ha creato dei pensieri.

io ho cinquantadue anni;
in quei tempi il capitalismo era una cultura, e la soluzione combatterlo con la violenza (terrorismo) era una via ideologica di contrapposizione sbagliata ma che seguiva una logica (Lenin diceva che la violenza poteva essere giusta e morale se era a vantaggio delle masse)
Oggi il capitalismo non è più una cultura, ma la sola ricerca del massimo profitto.
oggi la contrapposizione potrebbe essere la campagna, creando cooperative, consorzi, (le storiche comuni?)
e mi ritorna in mente il mitico Veronelli Luigi e ai suoi De.Co. le denominazioni Comunali dei prodotti per certificare garanzie quòlità e non quantità
perchè non tornare a parlare come lui e recuperarlo anche un po'
rileggere alla ricerca dei cibi perduti sarebbe un bel gesto politico nò?!

1 commento:

Gian Marco ha detto...

Ci pensavo proprio ieri: al contrario di chi abita in città, il sottoscritto può permettersi il lusso di essere, volendolo, un rivoluzionario part-time. Perlomeno per quanto riguarda il cibo.
Mi spiego meglio, spero, con un esempio.
In giardino ho un albero di normalisime arance. Mangiare un'arancia del mio albero comporta pochi metri di viaggio albero -> cucina , con una emissione trascurabile di CO2: allungo la mano, raccolgo e porto a casa in pochi passi.
Mangiare un'arancia prodotta altrove comporta un trasporto e dunque una emissione di CO2; mezzi che si spostano e inquinano. Un pozzo di petrolio, in Arabia, Venezuela o chissà dove, produrrebbe del petrolio per alimentare il motore dei mezzi di trasporto che mi porterebbero in tavola l'arancia. Raccontata in questo modo a me sembra una catena alimentare demenziale; aumenterò il PIL a comprare una arancia siciliana o calabrese, ma scatenerei un viavai di attività inquinanti. Un consumo di energia inverecondo per un'arancia.
I "cittadini" non possono fare a meno di scatenare questo casino, io invece, giovin signore di campagna che non ha i calli del magaju nelle mani, posso fare picole scelte antieconomiche (per il PIL) ma salutari per me e per l'ambiente.
Se ci fossero più orti e giardini coltivati attorno le case sarebbe solo meglio.