sabato 23 gennaio 2010

fatica e serenità.

"damme u cuettu cue tende e piglia u saccu chu l'è su posavu ca se ne andamu...."
e così anche quest'anno le olive sono finite. non l'uliveto che più avanti poteremo.

adesso in casa, davanti ad un buon thè fumante a ritemprarmi:riflessione.
quando ero piccolo andare in campagna non mi piaceva, mi sentivo solo anche se c'erano i miei, mi metteva malinconia e parlare con gli alberi mi annoiava.
oggi non è più così; anche quando vado da solo in Fraitusa, ci vedo mio nonno, mio padre, sento i contadini di un tempo chiamarsi dalle fasce, sento fischiare e cantare, e rivedo anche me nel fiume con le mani sotto i sassi a cercare trote e anguille,o strunado due bughe.
rincorrere lucertole sui caldi muri delle fasce.
oggi mi è quasi necessario staccare dal lavoro e diventare anche solo un giorno alla settimana contadino.
e mi pesa essere ancora un po' lontano dalla pensione e non poter diventare quello che probabilmente diventerò:
un contadino di ritorno.
e queste faticose giornate accelerano il tempo e portano ricordi e serenità, e la naturale fatica della sera ha una bellezza che i contadini riconoscono e rispettano.
ed io a quella fatica voglio arrivare.

a dire bene un conto è la campagna per vivere, un'altro è coltivarla per avere una produzione familiare e per gli amici. come faccio io e per essere sincero.

2 commenti:

filo ha detto...

"Contadino di ritorno", si vede che le esperienze fatte da bambino, nonostante allora non le vivessi con piacere, hanno lasciato una traccia profonda e tornano a dare frutti.Comunque la fatica del contadino nelle nostre campagne è davvero tanta.
Ciao Gianni.

giarevel ha detto...

che belli questi racconti, appartengono all'altro ieri ma sembrano lontani, in un'ipotetica età dell'olio. Anche io mi sentivo a disagio in campagna quand'ero bambino, ora le poche volte che ci vado scopro il mondo che fu di mio nonno. Perchè occorre diventare grandi, perdere le cose di una volta, per accorgersi del loro valore? Un saluto